DAY 22 – FROM NUKUS TO KHIVA

Partiamo la mattina dallo squallido Motel Kafe dopo una notte un po’ insonne a causa dei letti scomodi, delle zanzare leone e del caldo esagerato. Salutiamo Edward che si fa fotografare fiero di fronte al suo camion e gli uomini si sparano le flessioni mattutine che oramai sono entrate nella routine Goodfellas.

Con Daniele alla guida si parte alla volta di Khiva; la strada non è delle migliori ma permette comunque di mantenere degli ottimi 100 km/h. Ci accorgiamo che il melone è il frutto nazionale visto che ad ogni angolo c’è una simpatica vecchietta che vende il succoso frutto. Le forme, i colori e i sapori sono dei più disparati: tondi, allungati, ovali, verdi, gialli, arancioni, più o meno dolci.

Siamo circondati dalla più aperta campagna e qua e là si vedono ciuchi da soma che trasportano un po’ di tutto. Un po’ per l’atmosfera un po’ per la stanchezza, tutti i fellaz crollano uno dopo l’altro mentre Marco racconta un episodio del blog, così come un babbo racconta la storia ai suoi figlioli, lasciando Daniele solo alla guida! Il risveglio di gruppo avviene quando siamo già sotto le splendide mura di Khiva.  Ci ritroviamo però senza un soldo e, mentre alcuni fellaz si giovano dei bagni più puliti dell’Asia centrale, Marco, Federico e Jacopo vanno alla ricerca di una banca. La ricerca non va a buon fine visto che è domenica e le banche sono chiuse; avviene  però il primo contatto con la vodka locale. Infatti, dopo aver aiutato un barbone ad aprire la sua scatoletta con il coltellino svizzero, Jack e Fede assaporano un cicchetto di liquido trasparente. Per rimpinguare le casse, decidiamo quindi di rivolgerci al mercato nero, molto florido di fronte all’entrata est della città. Dopo un po’ di contrattazioni, cambiamo 1€ con 3450 som, cambio che si è rivelato esser molto favorevole rispetto al cambio ufficiale a 3000 som. L’assurdità della moneta uzbeka è che il taglio più grande è rappresentato dalla banconota da 1000 som che equivale a 10 centesimi di euro. Le carte di credito sono molto diffuse tra gli uzbeki ma abbiamo saputo di scene da film quando per esempio si voglia andare a pagare una macchina in contanti, con l’acquirente che si presenta dal concessionario con delle valigette piene di banconote da 1000 som.
Con il portafoglio realmente stracolmo decidiamo di mangiare un boccone e ci ritorna subito in mente il vecchietto incontrato a metà strada tra il parcheggio e il bazar, che vendeva fumanti shashliky (parola russa che indica spiedino) alla modica cifra di 1500 som: non sappiamo resistere, ci sediamo e ne ordiniamo a volontà. La stanza nella quale ci fanno accomodare, tra mille onori, si rivela tanto accogliente quanto sudicia. A un lato della stanza c’è un grande tavolo di legno coperto da un telo cerato a fiorellini che funge da tovaglia.

Al lato opposto c’è un vecchio frigo di stampo sovietico, e accanto a questo un altro tavolo su cui la cuoca prepara l’impasto per gli spiedini.
Nel mentre che qualcuno è a sedere, Jack, Dani e Fede vanno a spararsi un cochino a una bancarella a fianco. La signora dal sorriso dorato vende coca cola sfusa e giustamente rivuole indietro i vuoti. Non passano cinque minuti che veniamo avvicinati da Alvaro, focoso uzbeko che, per sancire la nuova amicizia, va a comprare una bottiglia di vodka e ci fa capire che non è permesso alzarci fin quando la bottiglia non sia finita. Andiamo a chiamar gli altri Fellas e al grido di “Gorga! Gorga!” onoriamo il nostro nuovo amico. Torniamo quindi al locale degli spiedini dove Alvaro sale in cattedra, compra una nuova bottiglia di vodka e fa con noi una gran scorpacciata a base di carne, chai e cicchetti di superalcoolico.

Ci facciamo fare un conto unico, ma quando tiriamo fuori i soldi Alvaro quasi se la prende e fa di tutto per impedircelo; quando finalmente riusciamo a consegnare i soldi al gestore, lui non vuole sentire ragioni e ci elargisce ben 2000 som a testa infilandoceli elegantemente a forza nelle nostre tasche.
Ore 16: un po’ briachelli e sotto il sole cocente iniziamo finalmente la visita alla Ichon-Qala (città vecchia). All’entrata di ogni punto di interesse c’è una donna alla quale pagare il biglietto, riconoscibilissima nel suo sobrio abito lungo zebrato. Il posto è spettacolare, si è effettivamente conservato benissimo ed è tenuto altrettanto egregiamente. Il leit motif è rappresentato dalle tipiche piastrelle turchesi che rivestono gran parte degli edifici, un colore quasi ammaliante che rendono l’atmosfera davvero magica. Ci riportano alla realtà una coppia di simpatici signori Filippini, da anni ormai emigrata in Australia, che si presentano in seguito alla ormai usuale domanda di Dani ogni qual volta avvista degli asiatici: “are you Japanese?”. Lucy introduce a Jesse ed Eveline la nostra impresa e, sinceramente presi bene, ci regalano 50 inaspettati dollari sull’unghia. Super foto, baci e abbracci sanciscono il saluto ai nostri gentilissimi benefattori.


Dopo la visita al suggestivo minareto Kalta Minor, Marco, Jacopo, Cristiano, Lucia e Daniele si sacrificano per andare al pulmino a prendere i computer; abbiamo trovato l’unico ristorante della zona dotato di wi-fi e vogliamo finalmente iniziare a postare I vari post del blog his pronti fall’Iran in poi. I quattro ne approfittano anche per lavare i piatti ancora sporchi dalla visita al cratere di Darvaza e farsi una bella doccia in mezzo alla strada sfruttando l’acqua di uno dei pozzi del paese.
Sulla via del ritorno, Marco fa amicizia con due ragazzi italiani di Forlì che si uniscono al nostro tavolo proprio nel momento di autismo generale, quando cioè tutti hanno a disposizione Internet. Tutti avrebbero una voglia matta di confrontare storie, ma il blog incombe e purtroppo non riusciamo ad essere super di compagnia. Intanto Laura sfrutta fino in fondo i pregevoli bagni pubblici e regala emozioni conquistando con un inaspettato sprint il primo posto nella rincorsa al cagotto. Ci sbafiamo del buon plov, cibo nazionale uzbeko composto da riso cotto insieme a carote e pollo, ci facciamo accompagnare all’ostello dove alloggiano, caldamente raccomandato per il prezzo economico e l’ambiente cordiale. Marco e Daniele sono gli uomini scelti per la contrattazione e dopo essersi seduti al tavolo con Jalil, il gestore della guest house, riescono a strappare un prezzo d’eccezione: partendo da uno svantaggioso dopo che lui era partito da 10 $ a persona senza colazione, i nostri conquistano un ottimo 5 $ a testa in camerata con colazione inclusa, sfruttando anche il non troppo velato debole che Jalil aveva per Daniele.
Siamo davvero sfiniti e dopo un rapido chaino e narghilè durante il quale il divin Jalil scopre una passione ancora più forte per Fede e la sua barba, ci fiondiamo a letto famelici di sonno.