DAY 23 – FROM KHIVA TO BUKHARA

Sveglia di buon ora per la camerata Goodfellas all’ Hotel Arqanchi di Khiva, la colazione purtroppo si scopre non essere a buffet: poco male, basta richiedere le portate a manetta ad uno sconcertato Jalil, ormai nostro amicone (soprattutto di Fede).
C’è ancora tanto da vedere in questa città (per cui peraltro abbiamo già pagato il biglietto), e sappiamo di non poterci permettere di partire troppo tardi, vista la lunga strada da qui a Bukhara. Ma, nel caso non si fosse capito, difficilmente riusciamo a rispettare i nostri progetti, per cui passano due ore abbondanti, durante le quali ci dedichiamo alle più svariate mansioni: c’è chi va a scroccare la wifi al caffè della sera prima per provare a postare qualcosa sul blog, chi si dedica a un sempre gradito check meccanico ad Ariosto, e chi imbastisce un poderoso bucato di fronte all’hotel.
Visitiamo abbastanza velocemente la parte della città vecchia che il giorno prima ci eravamo persi, dedichiamo due minuti ad un discutibile museo dell’arte, e alcuni di noi si immedesimano sin troppo in una rappresentazione di una tipica scenetta domestica uzbeka, scatenando le ire della sorvegliante della Medressa, che non si lascia abbindolare da un travestimento così ben riuscito.

Il tempo stringe, e nonostante l’inerzia che sembra non volerci abbandonare, e che ci fa andare avanti a suon di pause, dopo un paio d’ore ci riteniamo soddisfatti e decidiamo di lasciare Khiva alla volta di Bukhara.
Nonostante l’eccessivo ordine e pulizia all’interno della città vecchia stonino con l’atmosfera caotica che si respira fuori dalle mura, dando una vaga idea di artificialità, Khiva ci lascia senza fiato. A colpirci non sono tanto la perfezione degli edificiinterni e i colori delle maioliche, quanto la struttura fatta di vicoletti tortuosi che si intrecciano su più livelli, di assurdi passaggi attraverso tetti, terrazzine e finestre, il tutto di uno splendido color sabbia del deserto, che richiama atmosfere magiche da “Prince of Persia”.

day 23
Decidiamo all’unanimità che non partiremo senza prima esserci gustati un altro plov, questa volta però cerchiamo un posto fuori dalla città vecchia, dove sembra che tutto sia meno turistico e più economico. Dopo un paio di giri a vuoto lungo le meravigliose mure, giungiamo ad una piazzetta nel retro del mercato, dove ci dicono ci sia un ristorantino che fa un ottimo plov. Unica pecca: il prezzo supera il nostro tipico budget da pasto, quindi ci lanciamo in una contrattazione spericolata, arte in cui oramai siamo maestri; riusciamo però a strappare solo uno sconticino di 1000 som (30 cent) per porzione, il tipo era un osso duro. C’è da dire però che quei 2 euro, il plov con le uvette li valeva tutti!


Poco dopo essere partiti scopriamo che in Uzbekistan praticamente tutti i benzinai sono chiusi, e dopo averne trovati una decina fuori servizio, comincia a prendere un pò d’ansia, ed è inevitabile ripensare al caro vecchio Iran. Chiedendo in giro, veniamo indirizzati verso una specie di piccolo alimentari che a quanto pare è anche un benzinaio al dettaglio, nel senso che la signora riempie la nostra tanica prelevando la benzina da un barile in cantina. Ci concediamo, tanto per cambiare, una pausa gelato/succhino/acqua/foto/adesivi circondati da una famiglia la cui prole aumenta a ogni scatto!


Dopo esserci tranquillizzati sul fronte benzina, concediamo a Massimo il posto di guida come ad un grande pilota nel giro d’onore dell’ultima corsa. Il percorso regala subito emozioni, la strada sembra non in direzione giusta, dovremmo andare verso est, ma è pomeriggio e basta osservare la posizione del sole per capire che ci troviamo a guidare verso nord. Non potendo sfruttare l’alto dettaglio della cartina (sulla nostra l’Uzbekistan è coperto completamente da una legenda) ci affidiamo alle indicazioni dei locali e dopo svariate inversioni a U imbocchiamo una strada sterrata che sembra portare a Rigutino (rinomata località nella provincia di Arezzo) piuttosto che a Bukhara. Colin Mc Rea non avrebbe fatto meglio, Massi si rivela il capo indiscusso dello sterrato Uzbeco lasciando intendere un pericoloso passato di sgommate per le strade della Chiana.


Sembra incredibile ma arriviamo all’asfalto (nuovo di zecca), quando a un certo punto le macchine di fronte si fermano apparentemente senza motivo. Dopo una rapida indagine scopriamo che il ponte di fronte a noi ha una sola corsia, valida sia per il treno che per le macchine, quindi dobbiamo aspettare il treno che ovviamente ha la precedenza. Come sempre l’attesa in coda si rivela un’occasione per stringere amicizie improbabili: un enorme vecchio dagli avambracci grossi come prosciutti si lancia in una serie di battute assurde sul fatto di volerci appioppare le due mogli che si porta nel suo furgoncino (se il nostro russo non si è troppo arruginito). Concludiamo come sempre attaccandogli il nostro logo sullo sportello, sicuri che lo porterà in giro fieramente per l’Uzbekistan.


Alla vista di uno scenografico ponte di corda sospeso sopra un fiume, non resistiamo alla tentazione di attraversarlo, cose del genere le avevamo viste solo nei film!


La strada verso Bukhara sembra infinita e grazie alle luci dei nostri superfaretti sul tutto, ci accorgiamo di attraversare zone desertiche che con la giusta luce sarebbero sicuramente spettacolari. Questo è il problema principale del viaggiare sempre con un po’ di ritardo e con molta fretta: le tappe vanno rispettate, anche a costo di viaggiare di notte.
Arrivati a Bukhara verso le 23:30, giriamo a vuoto per un pò finchè non ci fermiamo da un cocomeraio lungo la strada che come tutti si rivela non parlare una parola di inglese ma essere super disponibile. Come al solito ci passa un suo amico al telefone che dovrebbe aiutarci, ma in questo caso non ne caviamo nulla, compriamo quindi un melone e ce ne andiamo a caso per Bukhara. Sembra sempre di esser in periferia, non ci sono luci e per mezz’ora abbondante non riusciamo ad orientarci. Proviamo diversi hotel trovando proprietari scontrosi (forse perchè sono le 2 di notte) e prezzi troppo alti. Al terzo tentativo il prezzo è ancora altissimo, ma il portiere si offre di farci dormire a casa sua per 40 euro totali. Accettiamo al volo e ci facciamo accompagnare al nostro giaciglio, che si rivela uno stanzone strabello foderato di tappetti persiani, cuscini, e sottili materassini. Solito rituale fatto di narghilè e chai e poi tutti a letto, domani abbiamo solo mezza giornata da dedicare a Bukhara.