DAY 24 – FROM BUKHARA TO SAMARCANDA

La comodità della stanza e le poche ore di sonno ci fanno posticipare la sveglia un paio di volte, ma recuperiamo un po’ di tempo con una rapida colazione a base di biscotti e Chai, sonnecchiosamente distesi su di un letto/divano Uzbeko nel giardino interno.

Timur ci accompagna prima a ritirare i dollari (non è possibile ritirare la moneta locale) e poi in centro città. Anche per il cambio in Som se ne occupa direttamente lui stesso, sfoderando dal suo spazioso taschino destro una risma di banconote da 1000, che siamo costretti a dividerci sfruttando tutti i portafogli a nostra disposizione.
Parcheggiamo sotto le mura di Bukhara, addirittura più imponenti di quella di Khiva, che però non sono accessibili causa chiusura giornaliera dell’Ark, l’antica città reale. Fortunatamente il percorso da noi intrapreso ci permette comunque di visitare le moschee e le medresse di maggiore interesse artistico.

Il tempo di dare un’occhiata ai primi negozi e intravediamo da lontano una sagoma familiare. Un fiume di parole ci investe ancor prima di avere detto “hello”: come per giustificarsi dal fatto di avere scelto una strada meno impervia della nostra, ci racconta che anche lui è arrivato da poco a Bukhara poiché la sua macchina è stata perquisita in dogana, almeno due volte in più di Ariosto. L’incontro con Tim dura poco e ci separiamo per addentrarci nel centro storico concedendoci una sosta fotografica davanti alla Medressa del Gaukushan e al bazaar coperto. Pranzo al sacco all’ombra dei platani in piazza Lyabi-Hauz dove Daniele da fuoco alle micce e si aggiudica il secondo posto nella corsa al cagotto.
Dopo un’oretta tra acquisti vari (tra i quali spicca una traduzione in italiano del saggio ubriaco Uzbeco Nasruddin Hoggià) ci incamminiamo verso il parcheggio, avendo previsto l’arrivo a Samarcanda in serata. Sulla via del ritorno però, Massimo e Cristiano, scorgono, fra i disparati souvenir artigianali, il gadget che ogni vero cultore della peluria vorrebbe avere. Ovviamente lo acquistano e poco dopo si riuniscono al gruppo ciascuno sfoggiando una barba a dir poco voluminosa e il personale pettinino dedicato in legno. Gli altri Fellaz (compresi i finti barbuti Marco, Daniele e Jacopo) non resistono all’idea di possedere nel proprio beauty-case tale indinspensabile prodigio della tecnica, dando il via libera ad un delirio fotografico di orsetti pelosi entusiasti e sorridenti, rigorosamente in posa davanti ad Ariostone.


E’ Laura il pilota che ci guida verso Samarcanda, luogo dove nessuno è mai stato ma che ha echeggiato fin da piccoli nelle nostre orecchie per colpa o merito di Vecchioni. La strada si riempie ben presto di buche (a volte ci sorge il dubbio che in Asia Centrale esistano allevanenti di talpe da asfalto) che rallentano il nostro viaggio ma non frenano il nostro entusiasmo alla vista del cartello Samarcanda. La radio nuova suona Vecchioni meglio di David Guetta e parte un “cavallo oh oh” a squarciagola..perchè il resto della canzone non lo sa nessuno! Il coro si ammutolisce in un lampo di delusione quando Cristiano legge “Samarcanda 10 km”. Poco male, è stato solo il preludio dell’arrivo vero e proprio a finestrini spalancati e luci psichedeliche (di quel tamarro di Massi) accese, attaccando pure qualche strofa in più al monotono “cavallo”.
Da qui al centro città è un grande labirinto, la cosa che colpisce di più in questa parte del mondo, oltre alla penuria di cartelli, è come nessuno dei monumenti visibili di giorno sia illuminato durante la notte. Oltre a rendere il tutto meno scenografico, questo confonde il nostro senso di orientamento e complica la ricerca del giaciglio perfetto. Dopo una serie di strade sbagliate ed inversioni a U, con l’aiuto di un poliziotto (secondo noi bello intriso di vodka) arriviamo a Registan. Qui ci dividiamo in tre gruppi alla ricerca di un hotel da 5$ a testa lasciando il buon Daniele solo in macchina in preda alla febbre da cagotto. Laura e Massimo fanno centro per poco più del nostro budget: il posto è carino, stranamente nuovo e pulito, con parcheggio custodito e addirittura la “piscina”.
Stanchissimi non ci scoraggiamo, Cristiano si mette ai fornelli, Massimo compra 2 bottiglie di rinomato vino di Samarcanda al gusto di aceto e ci concediamo una dolcissima cenetta in famiglia. Narghilè e chai firmati Fede, tosatura a quel capellone di Cristiano con una scenetta che fa tanto Village People  e alle 3 ci fiondiamo a letto cotti come pere.