DAY 25 – SAMARCANDA

Ci svegliamo stracarichi per una giornata intera da dedicare a Samarcanda (oh oh cavallo oh oh!), con l’intenzione di dare il massimo per Massi che se ne va.
Fatta colazione, in cinque minuti a piedi siamo al Registan, maestoso complesso di medresse, simbolo della città e principale attrazione turistica, come vediamo dall’enorme numero di persone che lo visitano. La nostra implacabile sete di cochino diaccio ci fa fermare a un bar ancor prima di fare il biglietto e, in coda, qualcuno di noi spara un aretinissimo “alò diocaro!”, che viene subito riconosciuto da Mauro Magrini, un fotografo aretino in visita in Uzbekistan e accompagnato da due ragazze coreane. Dopo le due chiacchiere di rito ne approfittiamo per farci sparare un paio di foto alla vecchia in salto.

Salutato Mauro entriamo finalmente al Registan che, con le sue tre imponenti medresse cariche di maioliche e colori pazzeschi, ci lascia senza fiato, nonostante gli invadenti preparativi per un imminente festival musicale che impediscono una visione per intero della piazza centrale, nella quale anticamente si allestiva il bazaar.


In una delle medresse troviamo una incredibile collezione di stendardi di varie nazionalità e, una volta individuato il tricolore, non resistiamo alla tentazione di innalzarlo. In questo momento fanno capolino due ragazzi, uno scozzese e una austriaca che, dopo una grassa risata per averci sgamato in posa, si gettano alla ricerca del proprio standardo. Ci piazziamo così un autoscatto da veri bomber, riuscendo ancora una volta a spazientire la donnetta a guardia della medressa, ma un rakhmat ben piazzato risolve sempre tutto!


Usciti dal Registan ci dirigamo verso la enorme moschea di Bibi-Khanym, costruita al tempo di Tamerlano che ci sorprende per le incredibili dimensioni della facciata, ben 38 metri, facendo sentire anche Dani e Fede solidali verso Massi.


Il sole è alto, lo stomaco inizia a gorgogliare e il bazaar è proprio dietro l’angolo: facciamo scorta di nan (tipica focaccia circolare), pomodori, formaggio e il solito mortadellino farlocco che farebbe schifo anche al Lidl.

Subito fuori dal bazaar c’è un parco dove, all’ombra di un paio di alberi, farciamo i nostri panini importando in Usbekistan la fine arte iraniana del picnic. Dopo il primo giro di panini Jack ha una strana reazione e, recuperate salviette e carta igienic, corre senza troppe cerimonie alla ricerca di un bagno, completando così il podio della corsa al cagotto. Al suo ritorno ci trova tutti immersi in una pennica post paninaccio e si unisce alla combriccola.

Ancora indecisi sul da farsi, torniamo verso il bazaar dove Massi va prontamente a far scorta di vodka. Qui il negoziante ci consiglia l’acquisto di due diverse tipologie di bevanda, una good e l’altra very good, con le quali celebrare l’ultima sera dei fellaz al gran completo. Eccetto la parte centrale in stile sovietico, il resto del bazaar si sviluppa in maniera piuttosto caotica. Tra una pallina di formaggio (le dimensioni sono quelle di una biglia ma al suo interno concentra la potenza di un’intera forma di pecorino sardo) e un camioncino letteralmente stracolmo di wurstel, passiamo comunque una piacevole oretta. L’ultima tappa prima dell’imbrunire è il complesso di mausolei di Shah-i-zinda che raggiungiamo attraversando un cimitero deserto dall’atmosfera surreale.
Il viale dei mausolei ci strega con il suo silenzio quasi assoluto e con gli incredibili interni delle antiche tombe monumentali. Inoltre, la luce calda del tramonto sulle maioliche turchesi crea un’aura magica  che ci spinge a fermarsi e a sbocciare la prima bottiglia.

day 25 (21)

Così, seduti sulla scalinata del mausoleo di Tamerlano, ci godiamo tutti insieme per l’ultima volta un incredibile tramonto sulle moschee di Samarcanda, rievocando le avventure fin qui vissute in un misto di felicità, malinconia, pianti e flessioni.

Ci sgocciamo il vodkino e decidiamo di andarcene a buio fatto. Arrivati al cancello scopriamo che l’ingresso prevedeva il pagamento del biglietto che noi, essendo passati dal cimitero, avevamo bellamente evitato. Il solito misto di sorrisoni, spavalderia e no ruski, convincono il guardiano della nostra innocenza e tiriamo dritto senza problemi. Lungo la via di ritorno verso il Registan apriamo la seconda bottiglia di vodka, quella “very good” che effettivamente va giù come se fosse acqua di fonte. Poco dopo incontriamo un gioviale vecchietto accompagnato dal figlio il quale, dopo un rapido botta e risposta in un improbabile inglese-russo misto a gesti, ci prende subito in simpatia. Il vecchietto è preso così bene che, dopo aver malamente mandato via il figlio, ci invita a casa sua per bersi l’ultima. Ma nella nostra mente l’obiettivo è soltanto uno: fare bisboccia con Massi. Quindi decliniamo cortesemente l’invito e salutiamo il nostro canuto amico con un ritrattone d’autore.

Otto fellaz briachelli alle porte del Registan danno subito nell’occhio e, tempo zero, veniamo circondati da un nugolo di uzbeki curiosi. Massi non si trattiene e fa il cosiddetto finocchio con il culo di Cristiano, proponendolo come campione in una sfida all’ultima vodka con un uzbeko. Fortuna vuole che lo sfidante locale, dopo aver trangugiato la restante vodka very good per darci un assaggio delle sue potenzialità, accusa inaspettatamente il colpo. Mentre i suoi amici danno la colpa alla vodka russa che, a loro dire, è più forte di quella uzbeka, noi li salutiamo con fare da bulli, anche se in fondo tiriamo un mega sospiro di sollievo (il buon cri non avrebbe avuto scampo). A questo punto la fame e la penuria di vodka ci costringono a dividerci. Cri e Massi, gasati dalla inaspettata vittoria, scelgono di partire alla ricerca di altra acqua russa, accompagnati da un ragazzetto uzbeko colpito dalla sfida. Nella mezz’ora successiva attraversano tutti i peggiori bar di Samarcanda, mentre gli altri, nel primo supermercato aperto, si improvvisano salumieri, insegnando ai commessi l’arte del panino. Stremati dalla giornata e col tasso alcolico di un camionista uzbeko, ci lanciamo in un fallimentare narghilè alla vodka+birra prima di crollare. L’amico Massi andava portato in trionfo. Sembrava impossibile ma ce l’abbiamo fatta! Tan tan tan tararà.