DAY 30 – FROM ISSIK-KOL LAKE TO BALQASH

Partiamo la mattina dal lago Issyk-Köl, colazione in van e tirata fino alla frontiera Kyrgyzstan/Kazakhstan.

Ci concediamo un pranzo decisamente unto a base di shaslyk di manzo e pollo, quindi, piacevolmente appesantiti, ci prepariamo ad attraversare il border.

Alla frontiera ci dividiamo come al solito da Jack, noi a piedi e lui in pulmino a sbrigare le varie pratiche doganali. Superiamo agilmente la frontiera Kirgiza, ma, arrivati a quella kazaka, ci troviamo di fronte al delirio più assoluto. Forse perché è lunedì ci sono tantissime persone in fila, se così si può chiamare. Dobbiamo entrare in un corridoio stretto all’aperto delimitato da grate di ferro. Ci sono intere famiglie che sembra facciano il viaggio della speranza, stracariche di bustone e pacchi contenenti chissà che cosa. Accanto a noi, da un corridoio simile, vediamo scene da film: da un cancello socchiuso c’è un traffico impressionante di merce e addirittura un tizio si infila nello stretto pertugio tra la parte superiore del cancello e la grata di ferro. La gente non mostra il minimo rispetto della fila ma noi, da buoni italiani, formiamo un cordone alzando i gomiti: o siamo noi a superare la fila oppure di certo non ci sorpassa nessuno! L’unica che riesce a passare nell’intricata barriera di sederi, spalle e gomiti marchiati Fellas, è una graziosa bimbetta che, dotata di un tenero cappellino bianco, un simpatico zainetto e due ingombranti buste un po’ meno simpatiche, ci ispira una gran tenerezza. In giro ci sono diversi militari dalla stazza imponente e lo sguardo cattivo. Capiamo che non è il caso di scherzare quando vediamo i modi bruschi con cui due di loro trattano un vecchietto, probabilmente colpevole di trasportare nella sua busta merce non propriamente benvenuta. È bastata una mazzetta per far cambiare idea all’omone anche se la situazione rimane tesa vista la presenza di un inquietante militare con il passamontagna. Cinquanta metri più avanti riusciamo ad entrare nella sala controllo passaporti e ci troviamo di fronte il caos più assoluto. Ci sono quattro sportelli ma non è semplice prender posto, perché la sala è piccola e la gente sta ammucchiata di fronte, a formare delle file indefinite. Ci ritroviamo circondati da una miriade di pacchi imballati alla buona che sembra debbano essere soggetti all’approvazione del funzionario di turno. Non tutti ricevono un feedback positivo ma i proprietari dei pacchi respinti, più che scoraggiarsi, provano imperterriti a far passare i propri averi attraverso le inferriate. Il sistema è curioso: un bambino sta al di la del casottino per il controllo passaporti, prende il pacco o lo zaino non accettato e, come se niente fosse, lo custodisce in attesa che il proprietario passi a riprenderselo. Uno di questi piccoli custodi è proprio la bambina che ci aveva superato poco prima mentre eravamo in fila! Non è bello vedere queste scene ma lei sembra sentirsi totalmente a suo agio in mezzo al vociare non troppo convinto dei poliziotti e al caos generale. Le spalle spropositate che si ritrova lei e il fatto che l’intera sala sia piena di bambini-trasportabagagli ci fan pensare a del pesante lavoro minorile. Sgomitando un po’ riusciamo a posizionarci proprio dietro ad un ragazzo che mostrava con orgoglio degli occhiali da sole portati sulla nuca, come prescrive la moda kazaka. Dopo aver passato la frontiera ci sediamo all’ombra del cancello d’ingresso al Kazakhstan ad aspettare Jacopo che, come al solito, si sta smazzando l’ennesimo controllo doganale ad Ariostone. Guidiamo un botto in direzione lago Balqash, ci fermiamo verso le dieci ad un ristorante da camionisti lungo la strada perché abbiamo tutti una fame da lupi. All’ingresso ci sono due palme fosforescenti che ci spiazzano un po’, ma quando entriamo, capiamo dalle pietanze in giro per i tavoli che quello è il posto giusto per noi. Come al solito al nostro passaggio suscitiamo scalpore, ma ormai non ci facciamo quasi più caso. La comunicazione con la proprietaria è ardua anche perché i menu sono solo in kazako e lei chiaramente non parla una parola di inglese. Guardandoci intorno notiamo che questa volta i commensali sono per la maggior parte ragazzi sulla ventina che indossano la stessa tuta blu marcata Adidas. Facciamo un rapido check e troviamo Andrei, centrocampista dell’FC Kairat Almaty che ci spiega la situazione: stanno andando a giocare la decisiva partita di campionato contro il Balqash e si sono fermati alla tavola calda per rifocillarsi. Nonostante gli sia appena arrivato un fumante piatto di carne con patate, ci fa da traduttore consigliandoci un paio di portate giuste. Dopo una spietata contrattazione strappiamo una cena di eccezione per degli ottimi 47$. Foto di gruppo con i calciatori e mangiata memorabile.

Ripartiamo dopo aver concimato lo spazio dietro ad una casetta di legno abbandonata proprio accanto al ristorante, in compagnia di un branco di cammelli. Alla guida Fede “The Driver” Costi che sviaggia fino alle quattro e mezzo. Sfiancati tiriamo il freno a mano in prossimità di un parcheggio per tir (ci sono tornati utili piu volte, nota di merito per Nazarbaev) e per la prima volta proviamo la sistemazione “tuttinvan”: sedile del guidatore per Laura, postazione del navigatore vinta da Cristiano, in seconda e terza fila Daniele e Jacopo si godono i sedili. E gli altri tre fellas dove si mettono!? Gli zaini in terra fungono da comodo materasso (gli scettici chiedano a Lucia e Marco) regalandoci due posti letto, mentre la versatilità del divisorio libero dagli zaini assicura il terzo soffice lettino a Fede. Neanche il tempo di metterci giu che cadiamo tutti in un sonno profondo.