DAY 37 – FROM OLGII TO KHOVD

Il cellulare di Nello incomincia a vibrare alle ore 6.30 nel buio e nella quiete della gher. Nonostante cerchiamo di sistemare le nostre cose e uscire il più silenziosamente possibile, per non disturbare il sonno di chi così gentilmente ci ha offerto riparo per la notte, riusciamo comunque a svegliare la padrona di casa. Visibilmente a suo agio nelle ore mattutine, inizia immediatamente a pimpare la stufa di sterco secco per avviare il focolare, riscaldare l’ambiente e il chai salato. Uno ad uno si mettono in piedi anche tutti gli altri membri della famiglia, obbligandoci a condivere anche la prima colazione con loro, vale a dire gli avanzi della sera prima tirati fuori da un mobiletto scricchiolante.

Essendoci imposti una media giornaliera di 250 km, ci congediamo alla svelta e riprendiamo il cammino per Ulaan-Bataar, disponendoci sul Van come meglio crediamo. La speranza di percorrere strade asfaltate si rivela alquanto utopica data l’alternanza di ghiaia, imprevedibili buche, malefiche ondine, sassi che secondo Daniele “fanno tanta paura” e, come se non bastasse, ben 4 guadi. L’eccitazione della prima volta lascia spazio ad una seria preoccupazione già dal secondo attraversamento, ma la mano salda di Fede, quest’oggi alla guida, supera l’ostacolo senza particolari problemi, tranquillizzando tutti quanti i Fellaz, Guillaume compreso.

Per la gioia dell’affamato gruppo, verso l’una di pomeriggio vediamo Khovd comparire all’orizzonte e ci dirigiamo senza esitazione alla ricerca di un localino simile a quello del mercato di Olgji, sudicio ed economico. La ricerca si rivela però piuttosto ardua: tentiamo ovunque scorgiamo insegne raffiguranti piatti tipici, ma veniamo ripetutamente e sgarbatamente respinti per una presunta chiusura della cucina. Dato che il nervosismo aumenta a dismisura di pari passo con la voglia di Khuushuur, decidiamo di rifocillare almeno il povero Ariosto che se la sta cavando alla grande anche sulle impervie strade mongole. Sbolliti un po’ gli animi, ritentiamo con successo in un altro posto, accontentandoci di una scelta puramente a caso dal menù e lamentandoci della mancanza di frittelline al montone, sicuramente le nostre preferite. La piccola tavola è ormai colma dei piatti ordinati, quando Daniele e Jack tornano carichi di Khuushuur, almeno due per ciascun Fellaz. Gli occhi più grandi della bocca ci hanno spinto a “cacare di fuori” ancora una volta, ma l’andarsene avendo lasciato anche solo una briciola sparsa non è assolutamente contemplato! Stuzzicando il loro testosterone, convinciamo così Cristiano e Daniele a riprendere la questione sul chi mangia di più: onde evitare una pubblica umiliazione non verrà detto il nome del perdente, fatto sta che le frittelline vengono volatilizzate in un batter d’occhio. Con il montone che ci esce anche dalle orecchie, riprendiamo la marcia, approfittando delle tre o quattro ore di luce che ci sono rimaste a disposizione. La totale mancanza di qualsiasi indicazione, i gesti approssimativi dei locali a cui chiediamo informazioni per Gobi-Altay e il pesante abbiocco pomeridiano concorrono in egual misura a farci imboccare però una strada sbagliata. Percorriamo circa 10 Km quando, immergendoci in un alveo prosciugato e sabbioso, ci convinciamo definitivamente che la direzione non è quella giusta. Poco male, Marco fa inversione di marcia e dirige Ariosto nuovamente verso Khovd. Questa volta, assicurandoci ad ogni benzinaio che procediamo bene, lasciamo la cittadina definivamente e proseguiamo il nostro cammino per Gobi-Altay.

Le condizioni delle vie di comunicazione terreste non cambiano di molto rispetto alla tratta precedente e riusciamo quindi a consumare solamente 50 Km prima del tramonto, comunque molto soddisfatti di aver addirittura oltrepassato l’obiettivo giornaliero. Date le nostre ormai raffinate skills da boy-scout, l’accampamento viene assemblato piuttosto rapidamente, concedendoci così il tempo per un deliziosa e prolungata cenetta a base di prelibate zuppe di legumi, farro, cereali, etc. Guillaume si lancia nel racconto delle sue mirabolanti avventure, riportate anche nel suo interessantissimo blog, e noi rispondiamo di conseguenza, conciliati dal sapore di un Chai e dall’aroma del tabacco del Narghilè. Stanchi ma allietati dalla piacevole serata, ci infiliamo nei nostri sacchi a pelo, non prima di avere indossato le mitiche e caldissime calze di cammello.