DAY 26 – FROM SAMARCANDA TO KYRGYZSTAN BORDER

Il programma odierno prevede un gran bel pezzo di strada fino alla frontiera con il Kirghyzstan, nei pressi di Andijon, valle di Fergana. La distanza da percorrere è tanta e grava sulle nostre coscienze che cercano ogni scusa per farci dormire il più a lungo possibile e smaltire la sbornia di ieri sera. Lucia, ormai pronta alla fornicazione in senso biblico, sveglia i suoi figli adottivi verso le 7.30 con carezze e voce al miele. Massi, lamentando una secchezza di fauci come se un gregge di pecore ci avesse pascolato in libertà tutta la notte, si mette in piedi per ultimo, chiedendo immediate delucidazioni su quel che è successo. La lucidità mentale torna poco dopo, portandosi dietro un garbuglio di sentimenti, complementari come il bianco e il nero, che tingono di grigio fumo l’animo di tutti noi: Massimo è in partenza o, meglio, è costretto a rimanere a Samarcanda, mentre noi proseguiremo alla volta di Osh.
La colazione viene posticipata per dare il giusto spazio all’addio ad un caro amico. Si sprecano doverosi abbracci, lacrime e parole intente a far comprendere al nostro Meccanico che i GoodFellas saranno per sempre in 8 e che, forse, il resto del viaggio non sarà più lo stesso. Massimo ci convince a partire chiudendo il portellone di Ariosto con forza tale da non riuscire a nascondere il grosso rimpianto


Spaesati e con un sedile vuoto in più, iniziamo a chiedere indicazioni per Tashkent a chiunque sia a portata di un “Salam Halykum”. Il nostro percorso si articola infatti in due distinti tratti onde evitare il non previsto ingresso in Tajikistan, il primo per la capitale e il successivo fino ad Andijon. Ne approfittiamo per comprare 14 focacce di carne, cipolle e ignote verdure, da sgranocchiare durante il viaggio e placare i morsi della fame da colazione mancata. Per giovare però del loro eccellente gusto si deve accettare di pagare pegno in sbuffetti ripetuti e consecutivi che, come le sigarette, nuociono a te stesso e a chi ti sta intorno.
Passiamo tutto il giorno su Ariosto, alle redini del quale si alternano, tra inversioni a U e soste solo per bisogni fisiologici (sempre in posti bucolici), Cristiano, Lucy e Marco. La strada fino a Tashkent ha il solito asfalto pieno di buche, ma ci fidiamo volentieri delle voci Uzbeke che millantano un tratto ottimo dalla capitale alla valle di Fergana. Certo che strada buona, o cattiva, di cartelli se ne vedono davvero pochi a dispetto dei tanti controlli della polizia che incontriamo continuamente.
A partire dal Turkmenistan infatti, abbiamo scoperto una nuova tipologia di posto di blocco che funziona un po’ come il “Pronto Spesa” all’Esselunga. Tutti i veicoli sulla strada si devono fermare di spontanea volontà al cartello stop accanto al casottino dell’ufficiale, se fermarti o no è a discrezione della polizia.
Ovviamente in pochi hanno lasciato passare senza controllo un furgone pieno di adesivi e con targa straniera, ma non siamo mai incappati in problemi particolari, anzi! Alla incomprensibile prima domanda in Turk-Uzbo-Kyrgizo la risposta “Italia” ci ha regalato soddisfazioni incredibili come: “Ahh, Itallia! Celentano, Totò Cutugno!”, senza contare i numerosi Del Piero, Totti, Maldini e addirittura Dino Baggio, sfoderati quando siamo riusciti ad entrare in ambito calcistico.


Con Marco alla guida, verso le 9 raggiungiamo la frontiera che, purtroppo, troviamo chiusa. Quindi ci mettiamo a cercare un prato per piantare le tende e far partire una pastaccia “alla vecchia”. Troviamo il posto perfetto proprio lì vicino: è un hotel in costruzione che ha un grande gazebo di legno, illuminato e con l’acqua a disposizione. In pochi minuti i muratori che sono li a dormire ci danno il via libera e, peggio di uno sciame di cavallette, ci mettiamo a proprio agio sistemando l’essenziale per i nostri scopi. Abbiamo una fame da lupi e, quando scopriamo che oltre a Massi, sono rimaste a Samarcanda anche tutte le nostre stoviglie migliori, cala un po’ l’entusiasmo generale. Rimediamo cuocendo sugo e pasta nella stessa pentola, sfruttando i denti dei cucchiai per chi non ha più la sua forchetta. Dopo la classica combinazione Narghilè+Chai, targata Fede, e una visita per il controllo documenti da parte di un poliziotto di frontiera, all’una siamo già tutti a russare nei rispettivi sacchi a pelo.