DAY 35 – FROM ONGUDAY TO…MONGOLIA!

Ci svegliamo di buon ora al calduccio di Ariosto, circondati dai camionisti e dai proprietari della casa a cui involontariamente avevamo parcheggiato davanti e ripartiamo alla volta della frontiera.

Alla guida ancora Laura, che porta Ariosto alla frontiera attraverso gli Altai, in una strada panoramica che ci regala paesaggi stupendi con fiumiciattoli e monti a far da sfondo.

Ci fermiamo solo una volta per scattare un paio di foto e fare due tiri al pallone, e verso le 14 arriviamo inaspettatamente alla frontiera russa, quando ci rendiamo conto di essere non poco affamati. Ci lanciamo quindi sui biscotti mencechi, che si rivelano un jolly notevole per bloccare almeno  momentaneamente i brontolii. Siamo in attesa delle solite pratiche doganali quando di fronte al casottino dell’immigrazione incontriamo Guillame, ciclista partito dalla Francia per 16 mesi di viaggio tra Europa e Asia centrale, con cui scambiamo due chiacchere incuriositi dall’avventura che sta intraprendendo ormai da un anno.

Ci salutiamo con Guilaume e guidiamo per 20 km nella cosiddetta No man’s Land, e le battute su quello che è permesso fare in questa Terra si sprecano, fino a che all’orizzonte scorgiamo lei: la Frontiera Mongola!!

Troviamo subito una signora in tuta bianca con la pretesa di essere sterilizzata per disinfettare i nostri pneumatici con lavaggio a pressione. Muoriamo di fame ma diamo la precedenza al temuto inport del veicolo in Mongolia. Voci narravano di strazianti 6 ore di attesa sotto il tipico vento tagliente e il solo alito degli yak che pascolano placidamente vicino agli uffici della frontiera. Vuoi per il suo sgargiante giubbotto fosforescente, vuoi perché è ormai diventato il mago delle frontiere, Jacopo impiega solo il tempo per preparare la più classica delle insalate di legumi (ormai un must per i momenti in cui non abbiamo tempo di fermarci). Goodfelliziamo anche la frontiera mongola con uno dei nostri adesivi water-proof ed iniziamo con Ariostone la nostra rincorsa ad Ulaanbataar. Neanche il tempo di varcare la frontiera, che per la prima volta dopo diverse migliaia di km ci richiedono un’assicurazione obbligatoria per modici 25 €. Lasciamo una tartaruga di peluche per la figlia dell’assicuratrice e rifiutiamo cortesemente di cambiare i nostri primi Tugrik (il cambio ci sembrava sfavorevole 1€ –> 1900T). La strada principale è rialzata e fatta di ghiaino che probabilmente fungerà da primo strato per il futuro manto di asfalto. Ai lati si snodano diverse piste che pur intrecciandosi, vanno tutte nella stessa direzione. Nonostante la strada principale sembri più bella, Ariosto mostra da subito una spiccata preferenza per le stradine sterrate che garantiscono minori vibrazioni.

Dopo aver passato 4 yak al trotto, veniamo avvicinati singolarmente da tre motociclisti, che ci offrono per un modico prezzo la loro casa per la notte. Rifiutiamo per accamparci poco dopo in una radura proprio davanti ad uno scenografico laghetto. L’entusiasmo cala quando apriamo il portellone e ad accoglierci ci sono orsi polari al posto di yak e cammelli. Decidiamo che è arrivato il momento di battezzare Ariosto anche come cucina con sala da pranzo integrata. Portiamo dentro i fornelli e iniziamo a cucinare una deliziosa zuppa di cipolle per riscaldarci gli animi.  L’unica cosa che ci manca per la zuppa perfetta è del pane da accompagnamento, il come trovarlo è però un’incognita. Ci viene in soccorso un ragazzo tarchiatello che era venuto nei pressi del laghetto a fare il pieno di acqua. Si offre di accompagnarci al supermercato della città, quindi Cristiano, Jacopo, Marco e Daniele salgono sul suo gippino alla ricerca del pane perduto. La spedizione non da i frutti sperati e i Quattro fellas tornano a mani vuote anche se gasatissimi dalle sguerguenze sul 4×4.  Trangugiamo la cena senza carboidrati e, dopo aver espletato il rito di chaino e narghilè, sempre rigorosamente dentro il van vista la temperatura esterna, ce ne andiamo a letto un po’ meno infreddoliti.