DAY 14 – FROM PERSEPOLIS TO SHIRAZ

Con gli occhi ancora appiccicati dal sonno, usciamo dalla tenda armati di bottiglie di acqua e cappelli per fronteggiare il forte sole di Persepolis. Incredibile ma vero, sono le 8.40 e con i biglietti in mano decidiamo unanimi di prendere la guida per goderci al meglio la città dei vari Dario, Serse ed Artaserse. Il posto è incredibile, le rovine bellissime, ma è tenuto malino, delimitato solo da impalcature e la guida si dimostra tanto abbronzata quanto incompetente. Guidati dal buon Parwaresh Jahan, ci vediamo la porta delle Nazioni, il palazzo delle 100 colonne e camminiamo per tutto il sito accompagnati da questi strani suoni emessi dalla guida, che probabilmente è convinta di parlare Inglese. Ormai intimi con il vecchio Parwa, Massimo si prende la libertà di spiegargli che Alessandro il Grande di Macedonia in Italiano è noto come Alessandro TuttiFrutti.


Torniamo al pulmino dopo esserci liberati del nostro incomprensibile leader spirituale ed aver gustato una granitina, giusto per mettere un po’ di pepe alla nostra gara al cagotto (fin qui, 0 a 0 generale). Sono le 10.40 e ne approfittiamo per sistemare le tende e il furgone, attrezzandoci anche per cucinare. Neanche il tempo di iniziare a mangiare e abbiamo modo di sperimentare la fantastica ospitalità iraniana. Il nostro vicino di picnic (gli iraniani sono dei veri fuoriclasse in questa disciplina ancora non olimpionica) si presenta al nostro telo con un piatto di riso al pollo (ottimo) ed una ciotola con cetrioli e pomodori. Noi ricambiamo, un po’ imbarazzati, con il nostro mix di risotti pronti Knorr allo zafferano, alla milanese ed ai gamberetti e zucchine, mescolati per l’occasione. Cotti dal caldo e dall’inizio della digestione, ci spiaggiamo sul telo e il campione dell’abbiocco Massi decide addirittura di montare l’amaca. Come spesso ci capita, non riusciamo molto a confonderci con la popolazione locale e, nel bene o nel male, finiamo sempre per farci riconoscere. Non abbiamo neanche il tempo di far cadere Massimo dall’amaca che il tappeto vicino, dove c’è una numerosissima famiglia intenta a suonare tamburi e un piffero da incantatori di serpenti, ci sfida ad andare a ballare tra loro.Daniele e Jacopo non se lo fanno dire due volte, e in qualche modo trascinano tutti noi che, in pieno abbiocco, eravamo rimasti distesi. Ci troviamo a ballare e suonare in mezzo alle risate degli iraniani, “probabilmente” a causa delle nostre non eccelse capacità ritmiche e musicali.

Conquistata la loro simpatia, nonostante nessuno di loro sappia l’inglese, nè tantomeno noi il farsi, iniziamo a parlare di tutto. Anche il capo famiglia, la cui dentatura è ridotta ai due soli incisivi superiori, all’inizio titubante, si scioglie ed inizia a sproloquiare in persiano con il suo nuovo migliore amico Fede. A questo punto, sfoderiamo le nostre lucidissime moke e cominciamo a servire caffè a tutti quanti.

Mentre noi uomini duri e puri siamo oramai nipoti acquisiti di Alì e Mammut, Laura e Lucia sono richieste al tappeto vicino del “riso al pollo”. Qui inizia una cosa davvero inaspettata: una vera e propria gara tra famiglie per accaparrarsi i Fellas. Il vicino del pollo manda Laura al nostro tappetto per richiedere tutto il gruppo e in special modo Cristiano che, una volta di fronte la loro tenda, viene promesso sposo ad una delle due figlie.

Sbrigata la pratica il prima possibile, ritorniamo dai nostri amici che nel frattempo avevano imbastito un pranzo in nostro onore.
Probabilmente è in questo frangente che Fede si conquista la palma del miglior sketch della giornata, quando ognuno di noi si trova davanti ad un pezzo di riso o verdure e a lui toccano gli spaghetti. Senza forchetta e per sentirsi più “iraniano” (la ragazza di fronte a lui mangia il riso con le mani), prende i suoi spaghetti con la mancina e s’imbocca. Questo gesto scatena l’iralità generale, la moglie di Alì prende la forchetta e gli spiega che in Iran non solo esistono le posate, ma gli spaghetti si mangiano tassativamente con la forchetta. Inoltre, in Iran come in altre parti del mondo, la mano mancina si utilizza come complemento alla cartaigenica. Bel colpo Fede, con una risata hai reso tutti più amici di prima e ti salvi con un bel sorriso!! Le seguenti due ora trascorrono all’insegna di Narghilè, Chai, tazzine su tazzine di Caffè River e visite alle famiglie vicine, onorate della nostra presenza. Tra partite di pallone e discussioni di geografia non riusciamo più ad andare via.

 

E’ l’ora dell’ultima foto quando riusciamo finalmente a montare sul pulmino con tutta la gente che ci saluta: i metri prima del cancello diventano un giro d’onore tra applausi ed ole.

 

L’Iran è una nazione davvero sorprendente: le esperienze incredibili che stiamo vivendo stanno ripagando alla grande i vari visti, le difficoltà, le mazzette ed i numerosi magheggi che avrebbero potuto benissimo far pensare il contrario.

Arriviamo a Shiraz e ci mettiamo in cerca dell’hotel prenotato dall’ottima agenzia Fuorirotta (che ci ha procurato tutti i visti e ha svolto le pratiche più complicate) anche se, a causa dell’impossibilità di connetterci non conosciamo nè l’indirizzo nè il nome. Non sappiamo ancora come ma, durante la ricerca di un internet cafè, spunta fuori dal telefono di Jacopo la mail di conferma della nostra prenotazione: Hotel Sa’adi Park, situato pure a poche centinaia di metri da dove siamo fermi. Con grandissima meraviglia ci ritroviamo dentro ad un hotel QUATTRO STELLE! Dopo aver passato tutta la giornata a mangiare seduti su un tappeto e giocare scalzi a pallone ricoperti da un centimetro di polvere e sugna, tutto questo ci sembra un miraggio. Ci aspettano quattro camere doppie con aria condizionata, internet, bagnoschiuma di ogni tipo, spazzolino da denti e soprattutto le agognatissime ciabatte da hotel (valgono sempre il prezzo della prenotazione!). Planiamo in doccia sfruttando il poco attrito delle superciabatte e dopo tre lavaggi intensi, torniamo ad avere un colore normale. Pronti per la cena, ci fermiamo a chiedere informazioni in un caffè molto curato e un po’ hipster (è il primo che incontriamo in questa parte di mondo) e ci incamminiamo verso il centro della città. A Shiraz si respira un’aria diversa: alberi, aiuole e passanti sorridenti danno vita ad un atmosfera liberale in stile occidentale, incastonata alla perfezione nel contesto culturale islamico. Come in altre città Iraniane, passeggiamo per strade costeggiate da negozi altamente momotematici. Percorrendo la strada dei biciclettai, ci concediamo una sosta ad ogni bottega, individuando anche quel “ristorante” rustico/sudicio che oramai agogniamo da tempo. In un tavolo a bordo strada, a botte di otto spiedini alla volta, sul tavolo si contano alla fine circa 70 stecche di ferro. La cena è davvero ottima, accompagnata da salse allo yoghurt e cetriolo, pepsi e pane simil piadina per un totale di 500.000 Rial.. circa 12\’80, CHE SPETTACOLO!

 

Tornando verso l’hotel con l’intento di dedicarci al blog, ci fermiamo comunque per un Chaino (Fede ormai se non si fa un Chai al giorno schianta!) in un locale vicino all’hotel. Lì incontriamo una ragazza molto simpatica, che, parlando un ottimo inglese, ci invita a casa sua per assaggiare il famossimo Syrah, vino tipico della regione del Farsi.

Le ragazze declinano gentilmente l’invito, mentre i maschietti vengono accolti calorosamente nell’appartamento della giovane Persiana. Koly ha studiato sia in Svezia che negli Stati Uniti ed è stata costretta a ritornare in famiglia dall’impossibilità di rinnovare il suo visto. La madre di lei invece, artista, pittrice e fotografa, ci fa accomodare in salotto, servendoci un bel bicchiere a testa di Syrah (prodotto in casa e rigorosamente conservato in una bottiglia da 1.5 litri di Coca Cola). L’aroma del vino è intenso e dolciastro e a tutti noi ricorda un po’ i vini dolci Portoghesi o il Siciliano Marsala. L’atmosfera amichevole e rilassata, insieme agli effetti positivi dell’alcool, propiziano una piacevolissima conversazione sulla visione della Repubblica Iraniana da parte di una ragazza maturata nei paesi occidentali. Notiamo che ce ne parla con piacere e senza inibizioni, quindi ne approfittiamo per rivolgerle parecchie domande. Sollecitata dall nostra curiosità, ci spiega come la Rivoluzione del 1979, inizialmente percepita come un radicale e positivo cambiamento dello status-quo, ha in realtà portato ad un peggioramento della situazione: quelle che originariamente erano soltanto delle linee guida ufficiose, sono poi diventate vere e proprie leggi limitanti il libero arbitrio dei cittadini iraniani. L’obbligo di indossare il velo e di preservare la castità pubblica, l’istituzione della pena di morte, il divieto di consumare alcolici e l’impossibilità di eleggere democraticamente un nuovo governo sono solo alcuni esempi di queste limitazioni. Ciò che ci colpisce maggiormente è il fatto che queste imposizioni, inconcepibili per noi europei, risultino tali anche per la maggior parte degli Iraniani. Koly infatti ci parla di un dissenso diffuso nei confronti della teocrazia, tanto che, già nel 2011, le elezioni vennero in realtà vinte dal partito riformista Green Movement, con uno schiacciante 70%. Quando però la televisione ha fornito notizie diametralmente opposte, celebrando la vittoria del partito conservatore, si è capito quanto influente sia il secondo governo “sotterraneo” della Repubblica Islamica. Tale organo infatti, noto come Consiglio dei Guardiani e costituito da 12 capi religiosi, è presediuto dall’ Ayatollah (guida suprema) e può porre il veto su qualsiasi legge approvata dal governo fantoccio eletto dal popolo, il Maljis. Koly rende perfettamente l’idea quando si riferisce alle ultime elezioni come “election-selection”, evidenziando l’impossibilità da parte del popolo di cambiare la situazione attuale democraticamente. Nonostante tutto ciò sia sconfortante e demotivante, Koly è assolutamente convinta che un cambiamento avverrà prima o poi e basa queste sue convinzioni sulla crescente quantità di persone che si rispecchiano nel suo modo di vedere le cose.
Ovviamente tocchiamo anche argomenti più semplici, raccontando loro gli esilaranti episodi che hanno costellato il nostro viaggio fino adesso. L’ora tarda e il ciondolio della testa del padre dormiente ci convincono, anche se con rammarico, a lasciare l’abitazione, con la promessa di ricambiare l’ospitalità una volta che decideranno di visitare l’Italia.
Due taxi ci riportano in hotel e dopo un breve briefing per accordarsi sull’ora della sveglia, ci avviamo ognuno nel proprio letto. Cullati dalle fresche e piacevoli sensazioni che la serata ci ha regalato, crolliamo esausti dopo un’altra intensa giornata…