DAY 21 – FROM DARVAZA TO NUKUS

I raggi del sole ci accarezzano il viso mentre il calore del vicino cratere ci avvolge dolcemente regalandoci un insolito e piacevole risveglio. Colazione offerta dalla compagnia organizzatrice della gita al cratere e pronti a salpare nell jeep di quel russo matto di Andrey, per un’ultima corsa nel deserto Karakorum.

Ci dividiamo in due gruppi: nel primo 5 Fellaz carichi di tutta l’attrezzatura da camping affrontano con tranquillità dossi e curve. Qui Andrey, pimpato da musica truzza a tutto volume, ci fa capire cosa vuol dire avere il controllo del mezzo. Dal secondo gruppo poche news, ma la faccia sbalordita di Fede ci preannuncia storie mirabolanti. A quanto pare Andrey non si è risparmiato alla guida e il povero Fede stava per schizzare fuori dal cassone. Una serie di 5 alti ci fanno congedare da Andrey, dopodichè tutti su Ariostone per continuare la grande traversata. La strada si rivela essere peggiore del previsto: forse il solo definire il tragitto strada sarebbe un eufemismo! Un’ininterrotta serie di buche, dosse e dislivelli ci accompagnano per ben 300 Km e la mattina prosegue liscia con Fede alla guida che, nei limiti del possibile, cerca di mantenere una velocità di 15 Km/h. Per intervallare la monotonia salterina della strada ci concediamo una sosta di “10 minuti” per girare dei video pazzeschi del Van. Ariosto, in quanto grande star, si merita un video in tutte le location che attraversiamo, e il deserto Karakorum non fa di certo eccezione! Quindi, un Max impaziente ma divertito, si accovaccia rassegnato al ciglio della strada mentre i Fellaz girano per 3 video: addirittura nell’ultimo Jacopo e Massimo si posizionano al centro delle ruote di scorta, sul tetto. Al decimo “andiamo?” di Max, ci rimettiamo in marcia. Dopo due giorni il buon Max ha capito come funzionano i tempi GoodFellas: dieci minuti si sono tramutati in un’ora più che buona. Verso l’una ci fermiamo in una meat house o meglio una sorta di trattoria locale Turkmena specializzata in torte di carne. Il solo nome dell’edificio suscita entusiamo generale e, una volta in loco, le nostre aspettative non sono di certo deluse. La trattoria si riempie in breve tempo di autoctoni affamati che si siedono al tavolo da soli, con la famiglia, o addirittura di arraffano varie focacce come take-away. Pit-stop di un’oretta intervallato da veloci visite ai bagni Turkmeni che sono tutto un programma e il viaggio riparte.

La strada non cambia e dobbiamo essere in frontiera prima delle 16.30, ma una brevissima sosta ci motiva a pigiare sull’acceleratore, prestanto attenzione a non urtare troppo Ariostone. Infatti, a 6 Km dall’arrivo ci fermiamo ad ammirare Konye-Urgench, un complesso di minareti e mausolei risalenti al 12° secolo, di cui al giorno d’oggi ahimè non rimane altro che una serie di rovine dall’aspetto rurale. Il tempo non è molto e Max ci consiglia di non avvicinarci troppo poichè i monumenti sono troppo lontani fra loro e brulicanti di bambini che chiedono l’elemosina. Rubiamo quindi gli ultimi 5 minuti di Max per una foto epica in salto con Konye-Urgengh nello sfondo.

Quello che segue è una corsa verso la frontiera che termina con un solo feedback al governo Turkmeno: più Max per tutti! In un battibaleno ci ritroviamo nella sola e desolata frontiera Uzbeka: a quanto pare siamo gli unici turisti a disturbare il loro riposino. Tutto bene, i soldatoni pelosi e palestrati Uzbeki, dopo qualche sommario controllo, ci lasciano andare con un gran sorrisone. Alla prima occasione ci fermiamo per comprare dell’acqua, senza pensare che siamo ancora sprovvisti della valuta locale, puntiamo tutto sui dollari ma nulla da fare, ed ecco che accade l’inaspettato: si avvicina un ragazzo che ovviamente non parla inglese ma che capisce la situazione, e senza pensarci due volte, ci regala dei soldi! L’Uzbekistan prende proprio bene!

La tabella di marcia prevede uno stop a Nukus, ma noi Fellaz oggi ci sentiamo più tosti che mai e decidiamo di spingerci oltre.. Proseguiamo! A 50 Km da Nukus Jack scorge in lontananza una fortezza arroccata in cima ad una collina. Come un matto prende la prima svolta a destra e punta dritto verso la collina. Arriviamo quasi sgommando, saltiamo giù da Ariostone ed ecco che inizia la corsa verso la vetta. Ci attende un panorama mozzafiato: dalla fortezza possiamo scorgere il Turkmenistan, il fiume Amu-Darya che taglia in due il territorio Uzbeko e un tramonto che svanisce in un arcobaleno di colori.

Alla nostra discesa incontriamo un omino che, accompagnato dalla famiglia, ci coinvolge in un’assurda danza truzza a ritmo di un moderno remix del sempre verde Totò Cutugno. Dopo un po’ di balli scatenati, ci facciamo convincere dalla proposta di una cena di pesce per l’equivalente di 5€ in un motel lì vicino. Scopriremo poi essere il suo!!! Il motel è in realtà una piccola stanza con quattro tavolini e una televisione, sintonizzata sul classico telefilm Uzbeko. L’atmosfera è surreale: le tovaglie a fiorellini non si sposano bene con l’ambiente spartano da camionisti. Nell’aria aleggio il tipico odore dolciastro di aceto e cipolle e, dopo vari tentativi andati a vuoto, per via della totale incompatibilità linguistica, ci ritroviamo a dovere ordinare la cena al telefono. Un solo cliente: un camionista russo dall’improbabile faccia matupita, già a tre quarti della sua personale bottiglia di vodka. Seguendo il suo esempio, stappiamo la prima di una lunga serie di bottiglie, diventando subito best friend forever con Edward. Arriva la cena: tre chili di trancio di pesce, probabilmente pesce siluro, tanto fritti quanto buoni, rimangono sul piatto per circa 15 secondi. La serata prosegue fra brindisini e foto di gruppo e alla fine ci scoliamo quattro bottiglie di vodka di fronte alle faccie incredule dei camionisti filo-russi. La conversazione con Edward procede tutta la sera, secondo la più tradizionale delle situazioni: Fellaz no ruski, Edward no english.

Siamo presi bene e il tasso alcolemico non consente a Daniele di riprendere la guida: optiamo quindi per le squallide ma economiche stanze del motel. Contrattatando loscamente con la nostra interprete telefonica (neanche stessimo trattando merce di contrabbando) riusciamo anche a conquistare l’accesso alla doccia: quello che non sapevamo è che nel prezzo fosse incluso un guardone oltre il vetro! Andiamo a letto alticci e sconcertati per l’accaduto, ma impazienti di scoprire la bellissima Khiva.