DAY 32 – FROM ASTANA TO PAVLODAR

Gli accordi presi con la signora della reception ci obbligano ad un risveglio affrettato verso le ore 8. Sospinti dai ripetuti “toc-toc”, riusciamo a scendere le scale dell’ Astana Hotel con solo mezz’ora di ritardo e entriamo nell’atrio della stazione dei treni, da dove non usciremo prima dell’una di pomeriggio. Decidiamo infatti di sfruttare quel poco segnale wi-fi disponibile per un doveroso update del nostro blog, non prima però di concederci una colazione a base di Pane e Benuta, occupando ben due tavoli del self-service e avendone pure pieno diritto, dato l’acquisto di un singolo caffé da condividere in 7. Jack e Fede, non potendo non godere del più classico dei cicchini, quello post caffè, si siedono a ridosso dei binari per concedersi al loro vizietto. Improvvisamente spunta alle loro spalle un poliziotto che si impossessa dei loro passaporti per un controllo e li incita a seguirlo nell’ufficio lì accanto. Qui, viene loro spiegato che fumare è ammesso solo nelle aree prestabilite (a meno di 2 metri dalla fatidica panca) e che devono così pagare una cospicua multa, che sia ufficiale o sotto forma di mazzetta è a discrezione dei malcapitati. Il consueto “pa rusky”, il classico “no money” e una chiamata all’amico poliziotto conosciuto il giorno prima convincono fortunatamente l’ufficiale a restituire loro i documenti e a lasciarli andare: scampata anche questa! A lavoro compiuto, ci infiliamo dentro Ariosto per dirigerci verso il Khan Shatyr, piuttosto curiosi di scoprire finalmente cosa si nasconda al suo interno e ancora un po’ incazzati dopo che ci hanno sbattuto le porte in faccia la sera prima.

La gigantesca Gher alla fine non è nient’altro che un centro commerciale (o meglio un “mall”) nel più classico stile occidentale, dove si trovano gli stessi negozi e le stesse catene che ben conosciamo noi italiani. Solo la forma conica del tetto merita qualche scatto e la nostra amara delusione è leggermente alleviata dalla vista di un negozio aretino: Gruppo Graziella! Saliti al secondo piano scorgiamo in lontananza un Burger King e un KFC e ci viene subito in mente che abbiamo una discreta fame. Dopo una continua scorpacciata di prodotti tipici, un po’ di junk food ce lo meritiamo proprio!  Cristiano e Jacopo prediligono il secchietto di succulente alette di pollo, Fede, Dani, Laura e Lucy si concedono un Whopper gigante, mentre Nello, non trovandosi del tutto d’accordo con le nostre scelte, ripiega su una scialba zuppa acquistata al locale accanto. Finito il pranzetto, dopo avere fatto su e giù dal primo al quinto piano, scopriamo che all’interno non esiste il tanto millantato minigolf, aggiungendo così un altro tassello alla nostra frustrazione.

Non ci perdiamo d’animo e, convinti da una rapida lettura del capitolo su Astana della Lonely Planet, ci allontaniamo dalla pseudo-yurta gigante e sfrecciamo verso l’Oceanario, a quanto scritto il più pescoso dell’Asia Centrale e dotato di un tunnel lungo 70 metri che attraversa l’immensa vasca degli squali. Aspettandoci un ingresso paragonabile a quello dell’Acquario di Genova, ci troviamo un po’ spiazzati approcciando un edificio circolare, nel cui viale d’accesso si trovano giochi retrò per bambini e attrazioni per allocchi. Una volta entrati, la situazione certo non migliora: le indicazioni per l’Oceanario sono nascoste in un delirio di accessori e stand super trash di cui non capiamo assolutamente la funzione e lo scopo. Una gentile ragazza, riconoscendo la voglia di tuffarci nel mondo subacqueo stampata sui nostri spaesati volti, ci viene incontro e ci accompagna prima all’ingresso, poi alla cassa per l’acquisto del ticket. Il primo scorcio d’acquario non ci convince per niente e decidiamo all’unisono che il prezzo del biglietto è troppo elevato per un branco di siluri in botta da radiazioni (o almeno questo è quello che pensiamo si nasconda all’interno). Non sapendo che fare, passeggiamo senza meta nello strano edificio, forse spinti dall’intenzione di scoprire cosa cavolo ci facciano così tante robe inutili raccolte in un unico luogo. Dopo una foto ai piedi di un’improvvisata Statua della Libertà, scappiamo via da quel posto perchè proprio “non ci sta mai”, a partire dai bagni differenziati in “traditional” e “european” style!

Tra l’uscita e Ariostione ci imbattiamo però in una coppia di ragazzetti che, conducendo agilmente una strana bicicletta lungo un percorso a tappe, ci chiedono se vogliamo scommettere 300 Tenghe su uno di noi in grado di guidare il ciclo fino all’ultima linea. La distanza sembra tuttaltro che impossibile e il premio di 3000 Tenghe in caso di successo ci fanno cadere in pieno nel loro tranello: la bici difatti è a comandi invertiti e girando il manubrio verso destra si svolta a sinistra e viceversa. Cristiano e Marco partono molto convinti ma, tra le risate compiaciute dei due ragazzini e quelle meno convinte degli altri Fellaz, mettono un piede a terra dopo nemmeno 15 cm. Alla fine i due tentativi ci sono costati 3€, forse valeva la pena almeno provarci!

Avendo ancora un po’ di tempo a disposizione prima della partenza alla volta della Russia, decidiamo di andare a fare un salto al Palazzo della Pace e Riconciliazione, una piramide di vetro specchiato alta all’incirca una trentina di metri e progettata dall’archistar Norman Foster. L’entrata però è proibita e dobbiamo accontentarci di un breve giro attorno, cosa che il tempo grigio e nuvoloso rende ancora più penosa.

Le uniche cose di cui godiamo sono uno spettacolare panorama della città e un caffettino Caffè River che Jack e Fede preparano nonostante la pioggia, al sicuro sotto l’ombrello trasparente da “not-so-straight” acquistato da Marco all’inizio del viaggio.

Riprendiamo il cammino poco dopo, convinti di guidare almeno fino a Pavlodar, circa 50 Km dal confine russo. Lucia è incaricata di domare Ariostone per la prima tratta e ci porta sani e assonnati fino ad un ristorantino per camionisti, nel quale veniamo accolti con una scrosciata di risate delle commesse che, forse, non avevano mai visto degli italiani barbuti così fighi nel loro locale. Cena a base di zuppa e tagliolini in brodo (tranne per Fede che, colto da improvviso malessere da frittura, si concede solamente un Chai) svaccati su un tappeto, osservando allibiti l’interesse dei kazaki per un thriller americano di serie C, doppiato sì in kazako ma con ancora l’audio originale di sottofondo. Verso mezzanotte Cristiano riprende la guida: dai che ce la si fa!