DAY 33 – FROM PAVLODAR TO BARNAUL

ore 00.30 ci rimettiamo in viaggio con cambio alla guida: Cristiano prende il comando affiancato da Daniele e Jacopo. Gli altri si posizionano propriamente per cercare di dormire, mentre la prima fila decide di usare la notte per saperne di piú sull’Afghanistan. La storia di questo paese, sconosciuta ma estremamente affascinante, riesce a tenere svegli i tre fellaz, che solo a tratti si concedono delle mini pennichelle. Sono le tre del mattino e da lontano sembra di scorgere un gruppo di macchine ferme sul ciglio della strada. Proprio da lì spunta la sagoma di una sposa; increduli, dopo esserci accertati dell’inaspettato incontro, con una notevole inversione, decidiamo di raggiungerla. Ariostone non fa in tempo a tentare l’approccio con il van della fortunata, che un poliziotto in palese stato d’ebrezza spunta di soppiatto, infilandosi prontamente dal finestrino. Un pronunciato odore di Vodka lo precede e, tra un carosello di classiche domande di circostanza, mette subito in chiaro le sue intenzioni: souvenir, vuole un sacco di souvenir! Il malandrino, forte della sua posizione in divisa, prima pretende i documenti di Cristiano e, successivamente, si focalizza su dollari americani, i-pod e occhiali da sole. Dopo una paziente contrattazione e facilitati dalla sua potente sbronza, liquidiamo il birbante con tre caramelle, quindi ci rimettiamo in marcia a tutto foco.
Il viaggio continua e alle 5, Cristiano, Daniele e Jack, stremati cedono la guida a Nello (il più bello), Fede e Lau che, prima di ingranare fanno un veloce pit-stop per colazione a base di cioccolata, succhini e mini-crossaint alla cioccolata. Proseguiamo a diritto fino ad arrivare alla frontiera nei pressi di Pavlodar: purtroppo i malcapitati fellaz in prima fila hanno dovuto guidare accompagnati solo dalla musica perché il resto della truppa se la dormiva pesantemente.

Arrivati alla frontiera lasciamo velocemente il Kazakhstan e ci avviciniamo cautamente al border Russo. Spaventati dalle numerose raccomandazioni verso la polizia sovietica, rimaniamo piuttosto seri e fermi al primo impatto con loro. Di contro, veniamo accolti con una simpatica gag: un ufficiale ci consegna il foglio d’ingresso per il van classificato come “Fuck Transit”, così come recita l’adesivo che abbiamo simpaticamente attaccato sopra il reale logo “Ford”.

La tensione si allenta e l’accoglienza è tutt’altro che inospitale: sorrisi e domande curiose è quanto di più pericoloso troviamo. Una veloce sbirciatina nel Transit accompagnata dalla tradizionale spiegazione di Jacopo sulla provenienza e utilizzo del tabacco piuttosto che dei cicchini, impiegano non più di 40 minuti. In men che non si dica siamo nella parte Sud-Est della Siberia, in Russia senza aver pagato nessun tipo di mazzette e con un augurio di buon auspicio. Veloce sosta ai primi bagni pubblici vicino al border che sono tutto un programma e ci rimettiamo in marcia.


Continuiamo a guidare per un paio d’ore: il paesaggio che ci accompagna è piuttosto pianeggiante, sebbene cominciamo ad intravedere le prime betulle. Verso le 14 decidiamo di fermarci per una pastaccia allo sgombro in un campo a lato della strada. Nonostante il posto sia una perfetta location, le erbacce e le varie bottiglie di birra e vodka che lo ricoprono non sono le caratteristiche proprie di un locus amoenus quindi Cristiano, per salvare le ruote di Ariostone, si cimenta nella più sfrenata raccolta vetri finendo col tagliarsi un pochino. Dopo due ore, una grande abbuffata e parecchie cipolline all’aceto balsamico, riprendiamo il via questa volta con Fede alla guida e un abbiocchino generale come pochi se ne erano visti finora.

La strada si rivela molto buona e la nostra destinazione, Barnaul, sembra esser sempre più vicina. Fede ed Ariostone sfrecciano e sgommano come se non ci fosse un domani e alle 8 e 30 entriamo a Barnaul. Fin da subito lo stile architettonico sovietico si fa notare: grandi palazzi a forma di cubo e di colore grigio non lasciano troppo spazio alla fantasia, come le grandi strade a quattro corsie semi-vuote.
Ormai siamo esperti del cirillico e dopo tre cartelli riusciamo ad individuare la didascalia della parola centro. È fatta, pensiamo, e soddisfatti dell’arrivo ad un’ora non troppo tarda, ci mettiamo alla ricerca della sistemazione più economica in città. Cominciamo dall’hotel Barnaul, classe troppo alta per il nostro budget ma ottimo punto di partenza vista la mancanza di guida e internet. Una veloce consultazione ci frutta tre papabili nomi di hotel, due nuove followers e una pupa mancata per Jack, ahinoi! Li proviamo tutti e, dopo due tentativi mancati, Fede dall’accento verofalso francese e Daniele dal navigatore affidabile ci conducono in un vicolo scuro con la strada di fango. Siamo persi! Lucia e Daniele nel cercare info, si imbattono in due ragazzi che, seppur diffidenti all’ inizio, dopo aver capito la situazione montano nel van per scortarci fino al fatidico ostello. La ricerca ci fa sbagliare strada due volte, imboccare le rotaie di un tram, vedere le entrate secondarie delle abitazioni, per poi scoprire che dove sarebbe dovuto esser l’ostello ora c’è una farmacia.
Sono oramai le 23 e ci ritroviamo piuttosto sconsolati di fronte alla statua di Lenin nella piazza principale quando all’improvviso una voce Italiana ci chiama da lontano.
Sono Marta, Luca, Juan e Cecilia, due coppie, una italiana e una spagnola rispettivamente, radicate in Barnaul da circa quattro anni. Dopo due chiacchiere introduttive, gli spieghiamo la nostra situazione e loro, senza esitazione, ci propongono di passare la notte in un appartamento di proprietà della parrocchia alla quale appartengono, a patto che riusciamo a liberarlo entro le 8e30 del mattino. Accettiamo e proponiamo ai quattro una birretta fuori, alla quale replicano con un invito a casa della coppia italiana: per la seconda volta, accettiamo. Mentre Marco e Daniele vanno con Luca a comprare qualcosa per la cena, noi andiamo a casa con Marta, in compagnia di Cecilia e Juan. Da subito scopriamo che hanno una famiglia piuttosto numerosa (5 figli), ma mai come Cecilia e Juan, ben 8 figli di cui uno in arrivo. Nel capire cosa ci facciano due famiglie così numerose a Barnaul, scopriamo che entrambe le coppie appartengono al cammino neocatecumenale e che quattro anni fa hanno scelto di accettare la missione propostagli, ovvero trasferirsi stabilmente a Barnaul.
Di fronte alla loro storia rimaniamo piuttosto attoniti ma, incuriositi, continuiamo ad indagare: vogliamo capire cosa ha spinto queste coppie ha fare una scelta così radicale e coraggiosa. Marta ci spiega come è entrata in contatto con la chiesa e come in poco tempo si sia legata fortemente a questo cammino di fede. Inoltre ci espone i principi fondamentali del cammino neocatecumenale e di come questi siano alla base della loro vita quotidiana. La loro storia inizia da un ritrovo avvenuto a Porto San Giorgio, dove molte famiglie provenienti da vari paesi, si sono ritrovate per prendere parte ad un sorteggio. Il sorteggio avrebbe deciso le destinazioni delle varie famiglie, sebbene non tutte sarebbero state selezionate. Tra 300 famiglie, 150 ne erano state richieste: entrambe le coppie sono state sorteggiate per Barnaul. A questa “chiamata” ogni famiglia è libera di accettare o rifiutare. Loro hanno deciso di accettare, lasciando il loro lavoro e le loro rispettive famiglie per la Siberia. Lo scopo di questa missione è quello di aiutare il sacerdote in loco a diffondere il messaggio di fede. Il racconto si interrompe grazie all’entrata trionfale di Marco e Daniele carichi di panini giganteschi ripieni di carne, mayonnaise, patate, insalata, cetrioli e l’immancabile cochino. A questo punto il tema della conversazione cambia di netto e passiamo le due ore successive ad ascoltare esperienze di vita vissuta in un paese ancora fortemente influenzato dalla mentalità Sovietica. Il tempo vola e in men che non si dica si fanno le 3 del mattino. Un paio di foto e poi via a nanna nella nostra sistemazione provvisoria. Abbiamo quattro ore per riposare, ma in questo momento ci sembra tutto ciò di cui possiamo aver bisogno.


E’ molto difficile per noi impersonificarci nella loro decisione. E’ senza dubbio un salto nel vuoto dettato da una convinzione ben radicata. Per quanto ci riguarda non possiamo che ringraziarli per la loro immensa generosità e augurargli buona fortuna per la loro missione.