DAY 38 – FROM KHOVD TO ALTAY

La nuova disposizione delle tende ci assicura un risveglio meno traumatico rispetto alla nostra prima notte in Mongolia. Daniele e Cristiano si svegliano prima di tutti e preparano la classica colazione Goodfellas che niente ha da invidiare alle colazioni continentali degli hotel gustate dall’Iran in poi. Mentre Lucia e Laura si allontanano per dedicarsi alla pulizia personale che in Mongolia inizia a scarseggiare, veniamo raggiunti dai nostri vicini di gher. L’allegra famigliola ci porta in dono un enorme termos pieno di latte di giumenta fermentato (sapore forte, ma gustato bollente diventa l’ottimo accompagnamento per i nostri “mucchini”) al quale noi prontamente replichiamo con tazzine dell’immancabile Caffè River. Le conversazioni diventano sempre più improbabili: i mongoli sono principalmente un popolo di pastori e, nonostante la loro infinita ospitalità, sembra sempre più lampante quanto poco siano abituati a comunicare con qualcuno che non parla la loro lingua.

Di punto in bianco veniamo congedati (perché così usa) quindi carichiamo Ariostone e cazzeggiamo allegramente fino alle 9.30. Lucia si cimenta nella sua prima guida in terra mongola passando dei guadi resi più ostici da attraversamento cammelli (qua gli high five si sprecano) e strade cosparse dalle ormai celebri “ondine”, che creano non poco nervosismo all’interno del van.

La teoria sperimentata da Lau e Cri in Africa è la seguente: viaggiare oltre i 60 km/h diminuisce gli effetti di questo particolare tipo di strada, rendendo tutto più confortevole. Effettivamente sembra che la tattica funzioni, ma quando le sopracitate ondine diventano troppo alte, nelle file più remote del nostro Transit si balla manco fossimo sul Tagadà. Appianate le tensioni con una chiacchierata e una pacificatrice foto di gruppo a 360 gradi, ripartiamo più carichi di prima in direzione Altay dove vogliamo assolutamente arrivare entro sera.

Per pranzo ci fermiamo in uno dei pochi paesi che troviamo per strada. Per ottimizzare i tempi prepariamo due abbondanti ciotole di insalata di scatolame che ci sbafiamo direttamente dal benzinaio dove facciamo il pieno. Anche se Jacopo ha iniziato a odiare questo mix di legumi già da qualche giorno, c’è da dire che, con un’abbondante dose di olio del Menci e chilate di pane, questo pasto ci fa sentire dei gran signori, e Guillaume sembra apprezzare!


Cristiano prosegue la cavalcata di Ariosto nel deserto, intervallata solo da “rapide” pause per far foto al comunque splendido paesaggio. Intorno a noi, il nulla: la pianura sconfinata si interrompe raramente per lasciar spazio a mandrie di cavalli selvaggi che profumano di libertà.

Al tramonto però ci troviamo ancora troppo lontani da Altay per sperare di raggiungerla. Cominciamo a discutere sul da farsi: accamparsi appena vediamo un posto invitante o continuare a guidare finché c’è n’è!? La strada non sembra così malridotta e, visto che Cristiano sembra aver trovato la perfetta velocità di crociera per aver la meglio sulle ondine, decidiamo che la seconda opzione è quella che fa per noi. Tutto sembra andare per il meglio, quando Jack si accorge di un rumore sinistro proveniente da sotto il pulmino. Cristiano scende per controllare se tutto è apposto e quando si rialza, annuncia al gruppo la tremenda notizia: “Ragazzi, il sotto scocca è andato” ed è proprio la frase che MAI avremmo voluto sentire. Abbiamo perso una delle due viti e i relativi dadi che fissano al telaio la lamiera di protezione del motore: noi, da bravi Goodfellas super organizzati e previdenti, abbiamo prontamente dimenticato i bulloni di ricambio. Ovviamente non è più il caso di proseguire e ci parcheggiamo in un vicino spiazzo, per poter permettere ai meccanici di turno Cristiano e Marco di trovare una soluzione anche solo momentanea al problema: cuciniamo un ottima pasta ma si respira un’aria di tensione nel gruppo, non sappiamo se troveremo i pezzi di cui abbiamo bisogno e soprattutto quanto tempo richiederà la sosta dal meccanico ad Altay. A questo punto, i due veri ingegneri del gruppo, Marco e Cristiano (Federico e Daniele lo sono solo su carta), si mettono all’opera. L’intenzione è aggiustare il sottoscocca con improvvisati pezzi di ricambio e fare in modo che, l’indomani, potremo arrivare sani, salvi e sottoscoccati al meccanico affiliato al Mongol Rally. Individuano due viti e due dadi che potrebbero fare al caso loro ma, dopo una prima rapida prova, constatano che la lunghezza dei nuovi pezzi è inferiore a quelli originali. L’unica soluzione possibile consiste nell’utilizzare delle rondelle speciali a forma di cono fra dado e lamiera, in modo tale da colmare quel difetto di pochi centimetri. Quel maledetto gancio di traino (i nostri stinchi sono ancora coperti di lividi..) non vuole proprio smontarsi e devono così rinunciare alle sue prezione rondelle. L’aria è satura di scoraggiamento quando a Fede viene in mente che si può tentare a fabbricare rudimentali rondelle coniche con i tappi dei barattoli vuoti, di cui fortunatamente abbondiamo. Cristiano è convinto che siano troppo duttili e che, una volta pressati tra dado e sottoscocca, si rompano, vanificando tutto il lavoro svolto. Così, individua un possibile rinforzo nel tappo della pistola del silicone, rigido, solido e spesso: insomma proprio un bel nappo. I due tentano nuovamente e con successo! Marco avverte però il resto della truppa che sono stati capaci di fissare il sottoscocca con un approssimativo bullone solamente nella parte sinistra, mentre nell’altra è presente solo una vite svolazzante. Quindi consiglia cautela al guidatore del giorno seguente ma inculca comunque ottimismo nella truppa, che può finalmente tornare a concentrarsi su quello che gli riesce meglio, mangiare…