DAY 5/6 – ISTANBUL

Abbiamo le migliori intenzioni per il nostro primo giorno ad Istanbul, per chi c’è già stato e chi no, c’è voglia di visitare tutta la città, mangiare kebab a chili e coinquistare il mondo nel tempo libero. In realtà capiamo di dover ancora imparare ad organizzarci quando ci ritroviamo dopo 5 ore ancora in ostello ad aggiornare il blog… ma confidiamo di trovare un metodo da qui alla fine del viaggio! Morale della favola: siamo nel centro di Sultanahmet alle 2 e mezzo del pomeriggio dopo aver fatto conoscenza con Ehran di Coffee O’ Clock Istanbul, non lontano dal nostro (ottimo) ostello. Ehran è uno dei primi a farci capire il suo punto di vista sulla rivolta di Gezi Park e ci rendiamo conto che sono tanti i ragazzi come lui che stanno davvero mettendo il cuore in questa protesta.

Dopo il tipico paninozzo al pesce sotto il ponte di Galata, in ordine visitiamo Bazaar delle Spezie e Gran Bazaar, dove ci dividiamo in 2 squadre per riuscire a comprare qualsiasi cosa senza dover stare dietro ai tempi di tutto il gruppo. In queste occasioni, essere un gruppo così numeroso non aiuta. La maratona di shopping finisce con tutti gli ometti forniti di panatloni da Alì Babà e donne ricoperte di bracciali, zaini e pelli di cammello.

Ehran capisce subito in quale guaio si è cacciato a voler stare con noi tutto il giorno e sconsolato ci accompagna prima alla bellissima e suggestiva Moschea Blu poi alla torre di Galata ed infine a Taksim, centro nevralgico della vita notturna dei giovani di Istanbul.

Dopo aver aggregato al gruppo 2 amici turchi conosciuti tra erasmus e scambi universitari, mangiamo in un ristorante un po’ turistico ma buono, con portate a base di salsine, verdure e Raki (Sambuca turca allungata con acqua) .

Siamo tutti un po’ cotti e torniamo in ostello chi alle 2 chi alle 6 carichi per le ennesime 3 o 4 ore di sonno.

Il venerdì, sotto un gran sole, lo dedichiamo al resto dei must see della città: Ayasofya, Cisterna Basilica e Palazzo Topkapi ci tengono impegnati fino alle 7 di sera, quando ci rendiamo conto che il nostro tempo a dispozione per questa città è già finito..e ci dispiace un bel po’.

Riusciamo ad incontrare 2 amici di Marco che ci consigliano il miglior posto per mangiare polpette take away (kofte) nel centro di Istanbul. Ci ritroviamo nei giardini della Moschea Blu, circondati da famiglie in attesa di mangiare. Anche noi, rispettosi nei confronti di chi sta affrontando il Ramadam, aspettiamo che il muezzin dia il via libera alle danze.

Ci dirigiamo, un po’ intorpiditi dall’abbuffata, verso una delle principali attrazioni della città: l’hammam! A Cemberlitas, dentro una stanza dove l’aria calda rende il respiro complicato, ci attendono diversi omoni e donnone che rispecchiano precisamente lo stereotipo del tipico turco. Affascinati dalla notevole stazza e folta peluria, ci lasciamo cullare dalla loro maestria: con le loro mani grosse come palette ci prendono uno ad uno per sbatacchiarci facendoci scricchiolare ogni singola vertebra.

Nonostante Massimo rischi l’accoltellamento dopo essere stato accusato dal più baffuto di tutti di essersi intascato il gettone d’ingresso di Jacopo, usciamo puliti come mai prima d’ora e assaporiamo una rinfrescante spremuta d’arancia che, come i tipi veramente tosti, buttiamo giù tutti alla goccia.

Il post hammam si rivela molto piacevole in quanto Baran (per gli amici Marcantonio), un amico di Marco, ci conduce in un posticino tipico dietro la Moschea Blu, dove scambiamo quattro chiacchere conciliate da infusi mistici e dal fumo del Narghilè al sapore di “Turkish delight”.

Per ritornare in ostello prendiamo due taxi e scatta inaspettamente la competizione tra le due vetture: tra sorpassi a destra, gomme che fischiano, traiettore degne di un pilota da Formula 1 e gesti dell’ombrello durante i sorpassi, siamo a Kadikoy in men che non si dica. Nel giro di mezz’ora dormiamo tutti, consapevoli che il giorno seguente ci attende un altro lungo viaggio, verso Goreme, in Cappadocia.

Contiamo di arrivarci per il tramonto, vedremo…